Gli indicatori del mercato del lavoro permettono di misurare fenomeni importanti, come lo stato occupazionale della popolazione attiva di un Paese e, dunque, la partecipazione alla produzione di reddito. Da queste misure si possono trarre indicazioni sulle tendenze di crescita economica delle differenti aree dell'UE, strumenti necessari per predisporre corrette politiche di intervento.

Questi indicatori si rivelano decisivi soprattutto in momenti come quello attuale, in cui si manifesta, a causa dell'emergenza sanitaria Covid-19, una crisi occupazionale dal notevole impatto economico e sociale.

I dati dell'Indagine europea sulle Forze Lavoro, aggiornati al 2021, sono quanto mai significativi per misurare l'andamento del mercato del lavoro alla luce dei primi due anni di pandemia.

Il 2019 si era chiuso con una situazione estremamente positiva, sia per l'Emilia-Romagna che per le altre regioni europee caratterizzate dalle migliori performance occupazionali. Dal 2014 in avanti, infatti, la ripresa si è consolidata con tassi di occupazione sempre in crescita, sia per gli uomini sia per le donne, e livelli di disoccupazione in calo.

Nel 2020 il trend di crescita del livello occupazionale si è bruscamente interrotto in Emilia-Romagna così come nella maggior parte delle regioni europee e anche il tasso di disoccupazione è aumentato, in particolare quello giovanile.

Nel 2021, l'Italia è uno dei Paesi europei in cui la ripresa è più timida, sia lato occupazione sia lato disoccupazione. In Emilia-Romagna il tasso di occupazione è diminuito rispetto al 2020, pur mantenendosi tra i più elevati a livello nazionale. Nell'ultimo anno è invece diminuito il tasso di disoccupazione, nel 2021 praticamente stabile rispetto al periodo prepandemia.

Anche nel 2021 il ricorso al part-time, strumento di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro diffuso soprattutto nei Paesi del Nord Europa, è in flessione, a conferma delle difficoltà del mercato del lavoro in tempi di pandemia. Questo fenomeno si rileva sia in Emilia-Romagna che a livello di media europea.

Altro riflesso di come questo periodo abbia colpito soprattutto le componenti più “precarie” del mondo del lavoro è l'aumento rispetto al 2019 dei giovani NEET, ovvero quei giovani non più inseriti in un percorso scolastico/formativo, ma neppure impegnati in un'attività lavorativa. Questa condizione è più frequente nelle donne piuttosto che tra gli uomini ed è uno dei principali elementi di debolezza del mercato del lavoro italiano: la rilevanza del fenomeno non ha infatti eguali in Europa.

La struttura occupazionale settoriale dell'Emilia-Romagna, simile a quella del Nord-est, mostra, rispetto al resto d'Europa, una più alta vocazione industriale e, conseguentemente, una minore incidenza dei servizi.

NB

Dal 3 marzo 2020 Eurostat ha inserito nei propri dataset un nuovo codice EU27_2020, a sostituzione dei codici EU27 e EU28. Il nuovo aggregato recepisce il processo Brexit, dell'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea. I 27 Paesi dell'Unione sono ora: Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria. Il Factbook sotto l'etichetta MEDIA UE DAL 2020  propone il nuovo aggregato post-Brexit.

Data di aggiornamento: settembre 2022

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