Introduzione
La costruzione di proiezioni demografiche e scenari previsionali per la popolazione caratterizza l'attività dell'Ufficio di Statistica della Regione Emilia-Romagna ormai dagli anni Novanta.
Nell'attuale revisione, il riferimento temporale per tutti gli scenari è il periodo che va dal 2022 (anno base della proiezione) al 2042. L'arco di proiezione è quindi di 20 anni.
Tutti i dati, per tipo di scenario, territorio, sesso, classe di età, sono consultabili grazie a strumenti interattivi di visualizzazione grafica.
In questa prima puntata di diffusione invece ci concentreremo sulla evoluzione della distribuzione della popolazione per età.
Sulla base dello scenario di riferimento, nei prossimi venti anni il territorio emiliano-romagnolo vedrà un aumento del numero dei residenti, seppure contenuto a poco più di 5 mila in più all'anno. L'Emilia-Romagna potrebbe quindi distinguersi come una delle poche regioni in grado di mantenere una variazione positiva della popolazione residente, in un contesto nazionale per cui la stima è di una progressiva diminuzione di popolazione nei prossimi decenni.
Nel 2042, considerando lo scenario di riferimento, la popolazione totale in Emilia-Romagna potrebbe superare i 4 milioni e 536 mila, con un aumento atteso di circa 111 mila unità rispetto ai 4 milioni e 425 mila al primo gennaio 2022 (+2,5%).
L'incertezza associata alla costruzione di scenari prospettici è uno dei motivi per cui non si produce una sola proiezione ma un insieme più o meno numeroso di possibili scenari.
Nel confronto tra questi scenari, si evince che la crescita potrebbe attestarsi al 3,1% nello scenario a elevata fecondità e superare il 7,5% nello scenario ad elevata immigrazione, passando per un +5,0% nello scenario a elevata sopravvivenza. Al contrario, l'assenza di movimenti migratori provocherebbe una marcata contrazione della popolazione (-13,5%), che scenderebbe abbondantemente sotto i 4 milioni.
Il possibile incremento di popolazione andrebbe a realizzarsi per la combinazione di andamenti differenziati sulle classi di età. Nello scenario di riferimento, l'andamento atteso evidenzia infatti una diminuzione di quasi 40 mila unità per la popolazione nella fascia 0-14 anni, una diminuzione di circa 100 mila unità per la popolazione nelle classi di età attive (15-64 anni) e un aumento di oltre 250 mila unità per la popolazione di 65 anni e oltre.
Per la popolazione di bambini e adolescenti (0-14 anni) si tratta della prosecuzione della tendenza già in atto da alcuni anni, collegata sia alla riduzione dei livelli di fecondità (da oltre 1,5 figli per donna nel 2010 agli attuali 1,27) sia al cambiamento interno alla popolazione di donne in età feconda (15-49 anni) ovvero delle potenziali madri; il contingente delle donne in età feconda, ha perso oltre 96 mila unità nel decennio 2012-2022, la maggior parte delle quali proprio nelle fasce a più elevata fecondità.
Per la popolazione in età lavorativa si evidenziano andamenti differenziati tra la parte più giovane (15-39 anni) e quella più matura (40-64 anni): la diminuzione attesa nel complesso, di circa 100 mila unità, è il risultato di un aumento di circa 66 mila persone nella fascia 15-39 anni e una diminuzione di circa 166 mila unità per gli adulti nella fascia 40-64 anni.
Ciò che sembra non essere messo in discussione da nessuno degli scenari previsionali è la prosecuzione dell'incremento della popolazione anziana, guidato dal passaggio nelle età anziane, da qui a venti anni, di tutte le generazioni nate prima della metà degli anni Settanta ovvero prima del grande crollo della natalità. Il ricambio generazionale atteso in questo segmento di popolazione porterebbe a un aumento di tutte le fasce di età anziane, dai giovani-anziani (65-74 anni) ai grandi anziani (85 anni e oltre).
Tali dati rafforzano la convinzione, già oggi diffusa che la vera sfida per le società con elevato livello di invecchiamento è quella di tradurre il guadagno di aspettativa di vita in guadagno di salute.
La speranza di vita residua a 65 anni senza limitazioni nelle attività quotidiane (ad es. fare le scale da soli, essere in grado di cucinarsi un pasto, di vestirsi autonomamente etc...) indica che nel 2021, in Emilia-Romagna, solo la metà della vita residua a 65 anni viene vissuta con un buon livello di autonomia. Inoltre, viene rilevata una differenza di genere, con le donne che mostrano un maggior livello di aspettativa di vita residua a 65 anni (22,2 anni vs 19,2 per gli uomini) ma una minore quota attesa in assenza di limitazioni (44,5% vs 51,1%).
Le donne anziane (65 anni e oltre) fanno rilevare uno stato di salute peggiore degli uomini sotto diversi aspetti, con maggiori tassi di presenza di tre o più malattie croniche; stati ansioso-depressivi; gravi limitazioni motorie, sensoriali e cognitive; limitazioni nella mobilità dovute a problemi di salute e gravi difficoltà nelle attività di cura della persona. Anche questo è un aspetto da considerare poiché, pur nell'ipotesi che il vantaggio delle donne nella sopravvivenza prosegua la sua riduzione, tra gli anziani continueranno a prevalere le donne.
Ulteriori analisi sono disponibili sul Rapporto Le proiezioni demografiche al 2042 per l'Emilia-Romagna - Distribuzione della popolazione per età (PDF - 659.3 KB).
Ultimo aggiornamento: 18-09-2024, 14:56