Indagine di sieroprevalenza virus SARS-CoV-2. I primi risultati

In Italia si stima che il 2,5% della popolazione abbia sviluppato gli anticorpi per il SARS-CoV-2. In Emilia-Romagna percentuale al 2,8%. Dati Istat-Ministero della Salute.

In Italia, dal 25 maggio al 15 luglio 2020 si è svolta l'indagine di sieroprevalenza sul SARS-CoV-2. Lo studio, previsto dal decreto legge 10 maggio 2020 n. 30 “Misure urgenti in materia di studi epidemiologici e statistiche sul SARS-CoV-2”, è a titolarità Istat e Ministero della Salute e ha visto la collaborazione della Croce Rossa e delle Regioni e Province Autonome.

Il fine dell'indagine è definire la proporzione di persone che hanno sviluppato una risposta al SARS-CoV-2 attraverso il test della presenza di anticorpi specifici. La metodologia consente inoltre di stimare il tasso di infezioni asintomatiche o subcliniche e le differenze per fasce d'età, sesso, regione di appartenenza, attività economica e altri fattori di rischio.

I dati di sieroprevalenza a livello regionale, da integrare con quelli di sorveglianza epidemiologica, sono particolarmente preziosi sia per conoscere la quota di popolazione che è stata infettata nei mesi precedenti, sia per la definizione di programmi sanitari volti a prevenire eventuali future ondate dell'epidemia e a orientare le politiche sanitarie.

Istat ha diffuso i primi risultati, relativi a quasi 65 mila persone che hanno effettuato il test.

La rilevazione, inizialmente rivolta a un insieme più ampio di cittadini italiani, non ha raggiunto la numerosità originariamente programmata, a causa della situazione emergenziale. Tuttavia, le tecniche di poststratificazione adottate da Istat, correggendo i fattori distorsivi di caduta, hanno permesso di ottenere stime coerenti con i dati di contagio e di mortalità da SARS-CoV-2 e con i risultati prodotti da alcune indagini locali e internazionali.

In Italia, si stimano essere 1 milione 482 mila le persone che hanno sviluppato gli anticorpi per il SARS-CoV-2. Si tratta del 2,5% della popolazione residente in famiglia (escluse dunque le persone nei cosiddetti luoghi di convivenza come istituti assistenziali, di cura, religiosi, caserme, carceri...). Coloro che sono entrati in contatto con il virus sono pertanto 6 volte di più rispetto al totale dei casi intercettati ufficialmente durante la pandemia, attraverso l'identificazione del RNA virale e diffusi dall'Istituto Superiore di Sanità.

Come è noto le differenze territoriali sono rilevanti: il 51% di chi ha sviluppato anticorpi vive in Lombardia, regione che presenta un tasso di sieroprevalenza del 7,5% sulla popolazione, mentre tutte le regioni del Mezzogiorno mostrano valori sotto l'1%.

Il livello di sieroprevalenza in Emilia-Romagna è del 2,8%. Si tratta di quasi 125 mila persone che si stima abbiano sviluppato gli anticorpi contro il virus. I casi ufficialmente diagnosticati dai laboratori di riferimento durante le fasi di sorveglianza dell'epidemia (Fonte Istituto Superiore di Sanità del 21 luglio 2020) sono quasi 30 mila, quindi circa un quarto dei casi stimati dall'indagine di sieroprevalenza.

I primi risultati diffusi non scendono nel dettaglio delle caratteristiche socio-demografiche della popolazione a livello regionale. A livello nazionale non emergono differenze significative per quanto riguarda il genere: uomini e donne sono stati colpiti nella stessa misura dal SARS-CoV-2. Per quanto riguarda l'età, la sieroprevalenza rimane sostanzialmente stabile al variare delle classi utilizzate nel disegno campionario.

Gli occupati sono stati toccati dal SARS-CoV-2 analogamente ai non occupati. Le differenze emergono in base al settore di attività economica e penalizzano soprattutto le professioni in ambito sanitario. Gli occupati in settori attivi durante la pandemia non presentano valori significativamente più elevati rispetto agli occupati in settori di attività economiche sospese. Sieroprevalenza più elevata della media invece nei servizi di ristorazione e accoglienza.

Emerge inoltre che anche in presenza di una convivenza con persone affette dal virus non è detto che necessariamente si generi il contagio (probabilmente grazie al rispetto delle regole di protezione consigliate): tra coloro che hanno avuto contatto con un familiare convivente infettato da SARS-CoV-2, “solo” il 42% ha sviluppato anticorpi.

Infine è stato asintomatico il 27% di chi ha sviluppato anticorpi.

Tutti gli approfondimenti, sia sui risultati, sia sulle metodologie seguite nell'indagine, sul report Istat.

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